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Attualità, Data Visualization

L’infografica “abbatti la curva”

  • On Aprile 14, 2020
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Tutto quello che serve sapere

Indice

  • 1 Tutto quello che serve sapere
  • 2 Numeri, curve e tabelle: l’importanza dei dati durante l’epidemia
    • 2.1 «Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili»
    • 2.2 Il difetto principale del modello: non tiene conto dei possibili scenari
    • 2.3 L’origine dell’infografica per gli “addetti ai lavori”
    • 2.4 La comparsa sul web dal febbraio 2020
  • 3 La data visualization aiuta a far rispettare le misure restrittive

Mentre Harry Stevens, reporter americano del Washington Post, scriveva l’articolo «Why outbreaks like coronavirus spread exponentially, and how to flatten the curve» non immaginava che, di lì a poco, sarebbe entrato nella storia del giornalismo internazionale. Il suo obiettivo era spiegare ai lettori come si diffonde il coronavirus e quali sono le strategie più efficaci per fermarlo.

Per farlo, ha deciso di utilizzare il linguaggio universale della data visualization. Le infografiche interattive accompagnate da brevi testi esplicativi trasmettono in modo chiaro, sintetico ed efficace concetti complessi e messaggi fondamentali per la nostra salute. Pubblicato online il 14 marzo, l’articolo ha avuto un successo straordinario e nel giro di poche settimana è diventato il grafico più visualizzato di sempre sul sito del quotidiano.

Numeri, curve e tabelle: l’importanza dei dati durante l’epidemia

La rappresentazione visiva dei dati sembra non essere mai stata così importante come durante questa emergenza sanitaria. Dai talk show ai social network, dalle conferenze stampa ai giornali, siamo circondati da numeri, curve e tabelle. Tra i contenuti più utilizzati per spiegare la crisi l’infografica “abbatti la curva” – in inglese “flatten the curve” – attorno alla quale è costruito anche l’articolo di Harry Stevens.

Come la mappa del colera di John Snow del 1854 o la serie storica della borsa di New York nel 1929, questo grafico è destinato a segnare un’epoca.

Sull’asse orizzontale vengono rappresentati i giorni dall’inizio dell’epidemia, sull’asse verticale il numero di casi positivi di Covid-19. La semiretta orizzontale indica il numero di posti letto disponibili negli ospedali del Paese. Le linee curve rappresentano due scenari opposti: quella con il picco più alto rappresenta il caso in cui non vengano messe in atto misure restrittive, quella con il picco più basso la situazione in cui sono stati presi provvedimenti come il distanziamento sociale e la chiusura di uffici, scuole e fabbriche. Se nella prima ipotesi la diffusione del contagio porta al collasso del sistema sanitario, nella seconda questo pericolo è scongiurato e il picco di casi rimane gestibile.

«Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili»

L’infografica “abbatti la curva” rischia di semplificare la realtà, ma è efficace. Per dirla con lo statistico britannico George Box, «tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili».

Sull’utilità del grafico c’è ben poco da dire. Basta un’occhiata a queste cinque linee e sette annotazioni per rendersi conto dell’importanza delle misure restrittive messe in atto dai governi di tutto il mondo. Il contenimento del Covid-19 è fondamentale per garantire a tutti un posto letto in ospedale e salvare il più alto numero possibile di vite umane.

Il difetto principale del modello: non tiene conto dei possibili scenari

L’accuratezza dell’infografica lascia, invece, a desiderare: il grafico omette numerose variabili che potrebbero influenzare la forma delle curve e dare vita a scenari diversi. Se le misure sono molto restrittive, ad esempio, la seconda curva tende ad appiattirsi più velocemente. Distanziamenti sociali a intermittenza creerebbero invece diversi picchi, mentre tamponi a tappetto farebbero schizzare le curve verso l’alto. Anche caratteristiche del virus come il periodo di incubazione o il tasso di contagiosità incidono sugli andamenti.

Ma a cambiare forma è anche la semi-retta che rappresenta la capacità massima del sistema sanitario. Se la patologia costringe a casa medici e infermieri, gli ospedali ne risentono e la curva si abbassa. La costruzione di nuovi ospedali o l’impiego di tecnologie all’avanguardia per curare il Covid-19 contribuisce, invece, ad alzarla. L’uso di dati più accurati rispetto a quelli oggi a disposizione aiuterebbe, infine, l’infografica a essere più realistica.

L’origine dell’infografica per gli “addetti ai lavori”

Prima che diventasse un contenuto virale sui social network, l’infografica era pensata per soli addetti ai lavori. Secondo Mark Wilson sul sito di Fast Company, apparve per la prima volta nel 2007 negli Stati Uniti all’interno di un documento preparato dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC).

Il rapporto analizza l’efficacia delle misure da adottare per contrastare un’ipotetica pandemia, dalla chiusura delle scuole alla cancellazione degli eventi, fino al distanziamento sociale. L’illustrazione a pagina 18, intitolata «Goals of Community Mitigation», assomiglia molto al grafico “abbatti la curva” ed elenca i tre obiettivi principali che una comunità colpita da una patologia altamente contagiosa dovrebbe raggiungere:

1. Ritardare il picco dei contagi
2. Ridurre l’impatto sul sistema sanitario
3. Diminuire il numero dei casi

Già all’epoca l’illustrazione ebbe successo ma circolò solo tra epidemiologi e scienziati, senza trovare eco su mass media e social network. Una decina di anni più tardi i CDC la modificarono leggermente, semplificandola, sempre senza che nessuno se ne accorgesse, specialisti esclusi.

La comparsa sul web dal febbraio 2020

Nel febbraio 2020, quando la pandemia di Covid-19 si era già diffusa in diversi Paesi dell’Asia e inizia a minacciare anche l’Europa, la giornalista dell’Economist Rosamund Pearce si accorse che l’infografica “abbatti la curva” aveva iniziato a circolare su web e social network. Cogliendone il potenziale comunicativo, decise di inserire l’illustrazione all’interno di un suo articolo limitandosi ad adattare la grafica a quella della rivista.

La versione definitiva dell’infografica si deve all’americano Drew Harris, professore della Thomas Jefferson University di Filadelfia. Mentre si trovava in vacanza con la sua famiglia in Oregon, Harris prese tra le mani un numero dell’Economist e si imbatté quasi per caso nell’infografica “abbatti la curva”. In passato aveva utilizzato un’illustrazione simile nei suoi corsi universitari, con un’unica differenza: per aiutare gli studenti a comprendere che cosa c’entrasse la capacità massima del sistema sanitario con le due curve dei picchi, aveva deciso di disegnare una linea tratteggiata orizzontale che indicasse la soglia oltre la quale gli ospedali rischiano il collasso. Decise di provare a fare lo stesso per i suoi contatti Twitter. Dopo aver armeggiato con Photoshop e Keynote, produsse una nuova versione del grafico e la pubblicò sul social network il 28 febbraio 2020.

Da allora il grafico è stato riprodotte in mille varianti, che hanno contribuito a decretarne il successo globale. Tra le versioni più famose quella postata su Twitter dalla microbiologa neozelandese. Le animazioni provocatorie dell’illustratore Toby Morris aiutano a sottolineare l’urgenza del messaggio e il contenuto è stato ritwittato circa 40mila volte.

La data visualization aiuta a far rispettare le misure restrittive

Nonostante l’infografica “abbatti la curva” tenda a semplificare la realtà, merita il successo raggiunto. La storia dell’illustrazione dimostra che il linguaggio universale della data visualization è in grado di trasmettere messaggi di vitale importanza in modo chiaro, preciso ed efficace, bypassando qualsiasi barriera linguistica o culturale. E se anche una sola persona dopo aver visto il drammatico confronto tra le curve avrà deciso di rispettare più seriamente le misure restrittive, l’infografica potrà dire di aver raggiunto il suo obiettivo.

Andrea Di Fabio

Vivere in Italia, Israele, Spagna e Stati Uniti mi ha insegnato ad apprezzare la complessità del mondo. La mia sfida è capire il presente, il mio obiettivo è raccontarlo agli altri. Il giornalismo e la data visualization sono gli strumenti che ho scelto per farlo

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